Di certo c’è che le esperienze d’uso in tutti i contesti educativi ed in tutte e aree del Paese (forse per i trasporti problematici non si è vista Sardegna) si stanno moltiplicando a dismisura.
E’ altrettanto certo che, nelle parole, è diffusa la consapevolezza che per far fronte alle sfide del futuro (competenza digitale, società della conoscenza, Life Long Learning …) sia necessario andare oltre la scuola ma nel contempo avere una scuola nuova e che, in questo contesto, si ritiene che le tecnologie digitali e di rete possano dare un contributo importantissimo.
Sarà perché, di solito, le parole precedono la pratica ed il cambiamento è un processo lungo, ma ho percepito in modo forte e stridente il contrasto tra le parole ed i fatti. Molta innovazione auspicata, poca agita (tranne qualche felice enclave, ovviamente).
Ma non credo che questa a-sincronia sia un fatto fisiologico, che sia, cioè, questione di tempo e che basti aspettare la maturazione del processo.
Quello che a me sembra manchi per una reale innovazione che sia diffusa e di sistema è la consapevolezza del problema in tutti i suoi aspetti, delle sue implicazioni anche “profonde” e di come rendere operative sul piano organizzativo e didattico (non inserisco qui quello politico che è un livello totalmente incapace di muovesi se non facendo danni) le affermazioni che si fanno.
Cosa vuol dire andare “oltre la scuola”? Cosa vuol dire fare una didattica personalizzata e centrata sulla persona che apprende? Cosa vuol dire passare dall’insegnamento all’apprendimento? Cosa vuol dire “innovazione” nella scuola e nei processi di insegnamento? Cosa vuol dire “apprendere”? Cosa vuol dire passare dalla trasmissione di conoscenza alla sua costruzione (chiarendo, comunque, che ciò che si trasmette è l’informazione, mai la conoscenza)? Queste ed altre tematiche andrebbero comprese bene per non muoverci a casaccio e per dare sistematicità a tanti fermenti.
In attesa di tempi migliori, continuiamo a faticare nel quotidiano senza scoraggiarci per la mancanza di una visione ampia.
Un discorso a parte merita il lavoro degli informatici. A Taranto ho ascoltato con vero piacere intellettuale il racconto di più di un lavoro che informatici ed ingegneri del software stanno facendo. Davvero eccellente, creativo, impegnativo, competente quello che stanno producendo “spremendo” in tutte le sue possibilità l’universo dell’informatica e della telematica. Lavori da lasciare la bocca aperta. Tentativi di metadatazione pedagogica dei LO, piattaforme con funzionalità da astronave Enterprise (non faccio ironia), facilitazione estrema dello sviluppo di oggetti digitali …. Tutti lavori che hanno un autentico significato (e valore) nel campo dell’informatica, ma molto poco (a mio avviso e per la mia visione della scuola/apprendimento e del ruolo in queste dimensioni delle tecnologie) nel campo della pedagogia e della didattica. Ed i problemi di cui stiamo parlando sono di quest’ultimo tipo.
La tecnologie che servono per far fronte alle sfide elencate in apertura di post, sono molto ma molto meno “ricche” di quanto gli ingegneri informatici sono in grado di proporci. Non ci servono tutte quelle funzionalità; il problema non è che le tecnologie ed i LO non sono “user friendly”; il nocciolo del problema non è informatico…..
Gli informatici non fanno altro che il loro lavoro e lo fanno bene; meglio (nel senso di spessore di conoscenza incorporata nell’azione) di quanto non lo facciamo noi pedagogisti e didattici.
Tutta l’attuale popolarità delle tecnologie educative è merito degli informatici e dell’industria, non dei pedagogisti e della scuola ed il risultato si vede. Quando nel passato l’uso della tecnologia (povera) era ideato e governato da intenzionalità pedagogica (vedi ad esempio Papert e le sue tartarughe, il LOGO, i micromondi …) gli impatti erano altri.
Secondo il mio modesto parere dovremo ripartire da queste evidenze ….
Per intanto aspettiamo Diadamatica 2009 (Trento?) e cosa succederà con InnovaScuola.
Didamatica 2008: la sensazione più bella che ho provato è stata di non sentirmi più sola: nel mio usuale contesto di lavoro mi sento talvolta un pesce fuor d’acqua, tanto diversa dai miei colleghi spenti, demotivati, che aspettano solo di lavorare il meno possibile e di andare in pensione, che ripetono la stessa lezione preparata 20 anni fa. A Didamatica mi sono sentita a mio agio perché a contatto con persone intellettualmente vive, che amano il loro lavoro e che lottano per qualcosa in cui credono, con delle finalità non certo di tipo economico o utilitaristico. Era un rincorrersi di commenti, richieste, osservazioni scambiate nei corridoi e nelle pause caffé fra una sessione e l'altra. Grazie a Didamatica ho conosciuto e faccio parte di questa comunità ... :-)
RispondiEliminaPer Gianni:
RispondiEliminaDopo Didamatica sono venuto a guardare con maggior attenzione il tuo blog (complimenti) e da qui sono passato a Orientamenti e disorientamenti.
Mi sono permesso di pubblicizzare entrami sul mio blog (www.pierfrancoravotto.ilcannocchiale.it) e nelle news del sito SLOOP (www.sloopproject.eu)
Per Elisa:
Da pensionato ma ancora interessato alla scuola. Fa piacere incontrare giovani insegnanti non spenti e demotivati. :-)
Pierfranco, grazie per gli apprezzamenti. Auguri per SLOOP. Quando arrivavano, leggevo le newsletter. Ciao
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