Visualizzazione post con etichetta apprendimento informale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta apprendimento informale. Mostra tutti i post

sabato 7 luglio 2007

SIeL 07 (7). Formale? Informale? Blended?

Il tema del congresso SIeL di quest’anno è stato: “eLearning tra formale ed informale”. Se ne sono sentite tante, quasi tutte nel segno del “lunga vita all’informale”. Si né fatto notare, citando studi, ricerche, visioni, come l’apprendimento formale copra non più del 20% di quanto sappiamo per tirare a campare. Si è, anche, detto che la scuola non valorizza per nulla gli apprendimenti informali. Si è detto: “integriamo il formale con l’informale”.

Cerco di capirne di più analizzando il problema e cogliendone, almeno in parte, le sue molteplici sfaccettature.

  • L’informale è una modalità di apprendimento “naturale” e come tale non può essere e non deve essere snaturata “formalizzandola”
  • L’apprendimento naturale avviene attraverso una pluralità di strategie (Schank)
  • Ciò che si apprende per via informale è diverso da quanto si apprende per via informale
  • L’apprendimento informale è sempre “significativo”
  • Nell’apprendimento informale, chi apprende sente la completa “proprietà” del processo
  • Molto apprendimento informale è tacito ed implicito (Polanyi)
  • Molto agire competente non è consapevole
  • Un agire consapevole è “produttivo” (contrario di “ri-produttivo”)
  • Una cosa è l’apprendimento deliberativo, altro quello reattivo ed implicito (Eraut)
  • Il concetto di “competenza professionale” rinchiude in sé la dimensione dell’apprendimento informale
  • L’uso del portfolio è una valorizzazione della competenza indipendentemente da come essa è stata sviluppata
  • La diffusione di strumenti che valorizzano l’apprendimento informale cambia il potere nella scuola

….. sotto con la creatività

Una prima e provvisoria conclusione:

Sarebbe utile comprendere come avviene l’apprendimento informale per identificare strategie didattiche da esportare nei sistemi di apprendimento formale

….. sotto, ancora, con la creatività

lunedì 25 giugno 2007

La bufala del web 2.0

E’ con questa provocazione che un amico e collega mi accoglie dopo aver letto le mie note da Napoli, tanto intrise di web 2.0.

Mi domanda se sono certo che anche le applicazioni 2.0 non siano una bufala come si è rivelato essere un certo approccio all’uso didattico delle tecnologie (vedi l’e-learning basato sui famigerati LO. Avete visto al proposito quanto dice Duval, uno che aveva fatto dei metadati una ragione di vita?).

L’amico mi obbliga a riflettere anche quando non ne ho voglia. Quindi, lo faccio.

Sono evidenti alcune cose.

Primo: il web 2.0 è certamente un fenomeno di moda e come tale tutti si sentono obbligati a parlarne, per non essere tagliati fuori, per metterci il proprio cappello, per …… Come in tutti i fenomeni di moda che diventano di massa, troviamo chi ne parla proposito e che lo fa a sproposito. Chi con competenza, chi con enorme incompetenza; chi con convinzione e chi perché “bisogna”.

Secondo: è altrettanto vero che gli strumenti del web 2.0 sono, come potremo dire, cognitivamente ergonomici. Nel senso che sono fatti a misura delle abitudini “naturali” delle persone quando devono apprendere qualcosa (informarsi, chiedere ad altri, condividere, partecipare a comunità, …..).

Terzo, è ancor di più vero che al grande uso del web 2.0 che viene fatto in modo informale (quello che tutti conosciamo) non corrisponde un uso significativo nei percorsi formativi strutturati e formali. Ma qui potremo essere nell’atavico ritardo con cui reagiscono i sistemi educativi.

Aspettiamo, quindi, che le acque si plachino e che parla (più che “usa”) di web 2.0 … per vedere l’effetto che fa ritorni alle sue pratiche abituali. Solo allora ne vedremo la reale portata.

Ma, cosa più importante, per evitare una nuova bufala non dovremo commettere l’errore più volta fatto: parlare tanto dello strumento dimenticando di domandarci perché lo usiamo e di trovare delle risposte. Solo con la chiarezza del problema da affrontare potremo dare un senso allo strumento.

Diversamente, la bufala si dispiegherà in tutta la sua possenza e ci troveremo ad avere una soluzione alla ricerca del problema, una risposta alla ricerca della domanda.

Quindi, pedagogisti e didattici, facciamoci sotto e non lasciamo il campo agli informatici che, per loro natura e competenza, non vedono altro che gli strumenti. Sentite grazie, comunque, agli informatici per aver “inventato” gli strumenti ed ancor più grazie agli informatici che ne capiscono di apprendimento e di didattica.

venerdì 8 giugno 2007

In lungo ed in largo (per i luoghi dell’apprendimento)

E’ oramai entrata nel linguaggio corrente l’espressione Life Long Learning

a designare l’approccio, la filosofia della formazione che è necessario adottare nella società della conoscenza e bla …bla…

Io vorrei che si aggiungesse alle tre L anche un W, che starebbe per Wide, ampio, largo. Cioè apprendere non solo lungo la dimensione tempo ma anche in quella spazio.

Sono numerosi i luoghi dell’apprendimento, le situazioni ed i modi in cui apprendiamo. La scuola è solo uno di questi.

Basta solo che ci soffermiamo un attimo a riflettere su come abbiamo affrontato un problema per il quale non avevamo tutte le conoscenze necessarie a risolverlo, su come abbiamo soddisfatto un nostro bisogno di apprendimento. Forse, la frequenza di un corso la metteremo in uno degli ultimi posti della lista, come è successo in due occasioni formative (slide 5 e slide 4).

Una sintesi sul come apprendiamo nella vita di tutti giorni:

  • Mi informo presso le persone vicine
  • Osservo
  • Consulto un amico
  • Chiamo un esperto
  • Contatto colleghi
  • Discuto in gruppo
  • Telefono a qualcuno
  • Cerco esempi pratici
  • Partecipo a convegni, seminari, corsi
  • Autoapprendimento
  • Attraverso letture quotidiane
  • Scambio di esperienze e conoscenze
  • Rifletto sulla mia esperienza, stacco .... e rifletto
  • Ricercai informazione in Internet, Wikipedia
  • Consulto pubblicazioni specialistiche
  • Partecipo a forum e newsgroup
  • Consulto materiali che ho a disposizione
  • Studio individuale
  • Mi metto in isolamento
  • Rielaboro informazioni
  • Compro un libro
  • Sperimento, faccio pratica

Particolare, rispetto alla formazione strutturata, anche il come organizziamo il nostro apprendimento:

  • Sul lavoro
  • Fuori del lavoro
  • Per fasi molto brevi
  • Quando serve
  • Mescolando apprendimento e lavoro

Ecco cosa emerge consultando, non esperti o dotte e costose ricerche, ma la semplice esperienza di persone normali.

Con questo non voglio negare l’importanza dell’istruzione formale, voglio evidenziare che quella informale riveste un ruolo molto, ma molto, importante nel nostro apprendimento.

Non so come sia stato calcolato, ma secondo uno studio del Ministero del Commercio USA (già citato in questo blog), ben l’85% della conoscenza che usiamo sul lavoro e nella vita di tutti i giorni non è stata sviluppata a scuola.

Navighiamo, quindi, in lungo ed in largo per il tempo e lo spazio del nostro apprendimento.

Porte aperte al Life Long & Wide Learning.

01dwi

martedì 1 maggio 2007

Come cambia il potere nella scuola con web 2.0 (2)

Rileggendo il post precedente, debbo dichiarami assi poco soddisfatto del livello della riflessione lì compiuta.
Provo con il riformulare la domanda che ha dato il via alla riflessione:
  1. con la diffusione delle tecnologie e delle opportunità offerte dal web 2.0 l'insegnante perde potere?
  2. come reagisce l'insegnante di fronte al diffondersi delle opportunità di "apprendimento informale" rese possibili dal web 2.0?
Che l'insegnante perda progressivamente potere è un dato innegabile. Da un lato, evento già più che evidente, per ragioni sociologiche: la semplice autorità funziona sempre di meno se non abbinata all'autorevolezza ed alla competenza. L'arma/potere del voto funziona e funzionerà per lungo tempo ma serve, prevalentemente, a tutelare più l'insegnante che l'apprendimento.
Il "potere" dato dal detenere in esclusiva la conoscenza mi pare sia in progressiva contrazione. Le informazioni e la conoscenza sono sempre più accessibili con modalità "aperte" o "dal basso" e le tecnologie web1 (ricerca su web di contenuti lì contenuti) rendono questo aspetto più che evidente.
Con web2 si espande enormemente questa modalità di accedere alla conoscenza fino a diventare vera e propria " costruzione di conoscenza" spostando il "potere" dato dal possedere la conoscenza dall'insegnante al web e dall'insegnate e dal web all'utente stesso.
Se, però, si dissolve il "potere" basato sul possesso di "informazioni" (che non sono "conoscenza" , ma questa è una partita diversa), quello che può aumentare è quello di "learning enabler", cioè quello legato alla sua capacità di facilitare il lavoro di apprendimento delle persone, quello di far si che le "informazioni" si trasformino in "conoscenza".
E credo che ciò che già oggi, ciò che conferisce "potere" (e senso al suo ruolo) sia la sua possibilità/capacità di porsi come facilitatore e catalalizzatore (favorisce il processo senza prendervi parte) dell'apprendimento.
Facendo cosa? Ad esempio:
  • selezionando le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti
  • presentandole in una sequenza opportuna
  • suggerendo attività cognitive e metacognitive
  • supportando queste attività
  • favorendo l'esplorazione, la collaborazione e la costruzione.
Potremo, quindi, dire che le tecnologie e gli strumenti/opportunità del web2.0 rendono urgente questo spostamento di focus.

Relativamente alla seconda parte della domanda riformulata, si potrebbe dire che l'insegnante ha due strade davanti a se:
  1. Porsi sulla difensiva: negare i cambiamenti (lo si fa anche per non sentirsi "tecnicamente" adeguati alle nuove richieste) e continuare senza nulla fosse. Non è una mossa che perpetuerà la specie;
  2. Cogliere le opportunità: vedere nel nuovo tutte le opportunità di cui è portatore ed attrezzarsi adeguatamente.
Le scelte sono personali ma, credo, influenzate anche dall'età. Non voglio fare del razzismo anagrafico, ma è più probabile che un "giovane" sia più disponibile (e preparato) ad aprirsi al nuovo che un "vecchio". E, forse, è bene così.

Daniele Barca, in un commento ad un mio post non mi pare esprima tanto ottimismo sul ricambio generazionale come chiave di volta; Daniele vede tanta poca disponibilità anche nei "giovani". Vedere il mio commento al suo commento.

lunedì 30 aprile 2007

Come cambia il potere nella scuola con web 2.0 (1)

Una acuta domanda fatta una persona presente alla nostra presentazioni a Genova, mi ha fatto venire voglia di riflettere ulteriormente sulla questione.
Il collega ha domandato: "l'uso degli strumenti del web 2.0 all'università, come viene visto dalla gerarchia accademica? Si pongono problemi politici quando gli studenti, invece di usare gli strumenti messi a disposizione dall'università, spesso un LMS, usano propri blog o wiki,? quando invece di limitarsi a studiare la bibliografia ufficiale ricercano informazioni su Google? Quando invece di stare ad ascoltare i professori, si confrontano con colleghi?" ... e via dicendo.
Good question, direbbe chi sa l'inglese.
La mia risposta, lì per lì fu, pressapoco questa: "La dimensione informale dell'apprendimento - accanto a quella formale/ufficiale è sempre esistita. Continueranno a convivere. Con web 2.0 questa dimensione "informale" avrà certamente maggior peso e questo potrebbe modificare qualcosa, soprattutto nella dimensione "potere".
Adesso rifletto ulteriormente.
Quali scenari potremo prefigurare? Come si ridistribuirà il potere? Chi guadagnerà? Chi perderà?
La questione mi intriga non tanto per i suoi aspetti di potere puro ma per i suoi aspetti pratici. Enzo Spaltro, uno dei padri della psicologia del lavoro italiana, uno dei primi ad usare i T-Group qui da noi (onorato di averlo conosciuto ed aver lavorato brevemente con lui, lo spero ancora tra noi ed in buona salute) distingueva tra "potere come comando" e "potere come opportunità".
Dato che mi pare che il potere venga inteso prevalentemente nella prima accezione, temo che di fronte alla prospettiva di una perdita di potere si possano mettere in atto meccanismi di boicottaggio, se non proprio di ostacolo palese. E mi piacerebbe fosse scongiurato.
Oppure che il tutto venga fagocitato, "normalizzato" e depotenziato. Pericolo vero.
Vedo troppi discorsi, in ambienti ufficiali, di adesione entusiastica al social network, al web 2.0 ed ai suoi strumenti avendo sullo sfondo le solite prassi didattiche che questa adesione, più che convinta, mi pare quasi un "mettere il cappello sulla sedia" a dire: "questo è mio".
Se fosse vero, sarebbe la morte. Ma non credo avvenga.
Non sono più, grazie a dio, i tempi di una volta.
Già alla scuola media funziona sempre di meno il potere formale dell'insegnante. Alle superiori è evidente che la sola autorità se non associata all'autorevolezza della competenza non regge.
E' vero, l'insegnante ha sempre l'arma del voto (e la sa usare benissimo) ma è un comportamento suicida e di sopravvivenza nel breve periodo. All'università, i livelli di maturità e di autonomia sono già maggiori e lo studente esercita già un suo potere, ma l'atteggiamento di chi sta in alto può fare la differenza facendo sprecare risorse ed opportunità.
Il già citato (giovane) collega chiosava in chiusura con un velo di malinconia evidenziando che chi "comanda" adesso nella scuola è una persone su con l'età e che, probabilmente, per un vero cambiamento sarà necessario attendere il decorso naturale degli eventi......
Auguro a tutti lunga ed attiva vita e sono certo che saggezza dei boss non farà si che quella indicata dal collega sia l'unica strada del cambiamento.....

sabato 28 aprile 2007

Zenacamp, apprendimento formale ed informale



Con il collega Antonio Fini, abbiamo allestito all'interno dello Zenacamp una micro-sessione sulla formazione. A noi si è aggiunta anche la collega Angela Sugliano, dell'Università di Genova ed abbiamo tenuto banco per una oretta e mezza.

Antonio ha parlato di apprendimento formale ed informale.


Angela ha presento una sua esperienza titolata "insegnare ed apprendere le ICT".




Nel corso ed al termine delle tre presentazioni un breve dibattito convergente sul fatto che l'avvento delle tecnologie sta scardinando le gerarchie di "potere" nella scuola aprendo ampi spazi, accanto alla dimensione "formale" della stessa, la dimensione "informale".
La questione, allora, potrebbe diventare: come coesisteranno queste dimensioni? Non si porranno problemi "politici" di potere, nel senso di conflitti tra chi detiene quello formale (ad esempio, è stato detto i "baroni") e chi detiene quello informale distribuito all'interno della comunità delle persone che apprendono ?