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domenica 9 settembre 2007

Una piccola scoperta

Ho fatto una piccola scoperta, due tecnologie emergenti in sviluppo prototipale presso i laboratori di ricerca e sviluppo IBM: ThinkPlace e ManyEyes.

Già nei nomi la funzione: collaborare per costruire conoscenza.

ThinkPlace è una applicazione web che sostiene l’innovazione attraverso la generazione e la rifinitura di idee e la collaborazione. ThinkPlace mettendo a disposizione una area condivisa per condivide, rifinire e riconoscere le idee, incoraggia l’innovazione ed ulteriori sviluppi di idee.


ManyEyes è, invece, un servizio che mette assieme in un unico ambiente la visualizzazione di informazioni con il social software e rende possibile: una visualizzazione collaborativa di una determinata tematica all’interno di un gruppo di persone che facilita l’approfondimento della tematica. Una funzionalità che trovo apprezzabile è la possibilità per ogni utilizzatore di sviluppare la propria visione (visualizzazione) della questione. Lo strumento offre la possibilità di sviluppare un autentico processo di analisi sociale di dati e situazioni che va oltre la mera visualizzazione

Due strumenti che promettono di facilitare il lavoro delle persone in un’ottica di collaborazione ….. ammesso che le persone abbiano voglia di farlo.

Scaricherò i software e li proverò. Qualcuno lo ha già fatto?

mercoledì 8 agosto 2007

My top 10 tools - Learning Architect

Ho partecipato al "gioco" di Jane Hart, del Centre for Learning & Performance Technologies che ha invitato la nostra comunità a raccontare quali siano i 10 strumenti tecnologici più usati nelle nostre pratiche professionali. Ho fatto qui la mia giocata. Interessante vedere gli strumenti di altri colleghi.

Dal suo sito, ho visto che Jane si definisce learning architet. Mi domando: perché non learning environment architet? Architetto di ambienti di apprendimento . Suonerebbe bene anche in italiano e non sarebbe una brutta concettualizzazione da affiancare o contrapporre a chi fa ingegneria della formazione.
Gianni Marconato
, architetto di ambienti di apprendimento ..... non mi suona bene e mi fa un po' ridere ...... ma il concetto non sarebbe poi tanto male ...

venerdì 22 giugno 2007

Le vacche di Mussolini a Macerata

Volendo scrivere sul Congresso SIEL, mi sono venute in mente le battute fatte a Napoli tra colleghi saputo che ci saremo rivisti a Macerata: tu di cosa parlerai? e tu? e tu? Pare che le solite quattro vacche che la buonanima esibiva nelle occasioni in cui si doveva mostrare l’opulenza del regime, girino anche per i convegni “scientifici” (Napoli compreso). La “vacca” che io porterò a Macerata è Copernicus-Pionieri, oggetto di almeno 3 o 4 paper presentati in contesti più o meno prestigiosi.

Ma - qui mi faccio serio – come ci insegnano i teorici del criss-cross-landescape (da Wittgenstein in avanti, costruttivisti compresi), un artefatto, una realtà, non possono avere una sola lettura ma sono per loro stessa natura multi-dimensionali, poli-prospettici.

Una di queste prospettive da cui traguardare Pionieri sarà l’oggetto del paper che mi è stato accettato al Congresso SIeL di Macerata (4 – 6 luglio).

Ho voluto dare questo taglio perché, spesso, si sente dire (anch'io lo dico spesso e volentieri) che gli usi didatti delle tecnologie non sono guidati da intenzionalità pedagogica, che anche quando si parla di subordinare la e al learning, la cosa rimane nel limbo delle buone intenzioni, che ci si riferisce al costruttivismo e si fa altro. Ebbene, con il paper voglio descrivere il percorso concettuale lungo cui si è dipanata una iniziativa di didattica con le tecnologie.

Il contributo presenta, infatti, il percorso concettuale che è stato seguito in Copernicus-Pionieri per usare le tecnologie a supporto della didattica e per far derivare la scelta tecnologica da considerazioni pedagogiche e didattiche. Il paper si intitola, infatti: “Scelte tecnologiche guidate da scelte pedagogiche e didattiche, il caso Pionieri

Il percorso concettuale si snoda attorno a questi passaggi:

  • i bisogni, problemi, gli obiettivi della FP
  • le competenze correlate e le funzioni cognitive da sostenere
  • le scelte pedagogiche e didattiche
  • il contributo del costruttivismo
  • le tecnologie nel costruttivismo
  • un framework concettuale
  • le strategie di apprendimento
  • la conclusione: i fondamenti di una buona didattica con le tecnologie.

Sarò più dettagliato la prossima volta. Se faccio un post troppo lungo Antonio Fini mi mette in castigo (e spero di aver azzeccato l’immagine)!!!



domenica 17 giugno 2007

Eden Conference Napoli (7). Di tutto un po'

Alcuni spunti alla rinfusa

Donna Harper ha investigato l’impatto dei fattori “distanza” e “presenza” nell’apprendimento on-line in un corso per una professione ad elevata intensità di relazione, supporto ed empatia: educatori in asili nido.
L’approccio didattico utilizzato per promuovere il deep learning è stato quello del Problem-based Learning.

Il risultato della ricerca associa ha evidenziato che il 65% dei partecipanti ha stabilito buone relazioni all’interno del gruppo dimostrando, cos’, che anche a distanza si riesce a stabilire una presenza sociale, cognitiva e didattica.

na infrastruttura per risorse digitali per l’apprendimento. Sviluppate dagli insegnanti per gli insegnanti. L’iniziativa è a cura della Agenzia Svedese per l’apprendimento flessibile (in svedese, quindi ….). Se volete provare, entrare con ID: testuser e password: cfl


Molto interessante ho trovato, anche, la relazione di Umberto Giani, Università di Napoli Federico II su e-learning narrativo, una esperimentazipne in e-learning di combinazione di metodi qualitativi e quantitativi nella formazione di Statistica medica. Sofisticato il meccanismo didattico. La base è il sistema MEANINGS, un sistema interattivo di applicazioni web finalizzato alla costruzione collaborativa di concetti riguardanti la disciplina. Basato su narrazione della malattia da parte degli studenti, attraverso una metodologia matematica messa a punto da loro (e-CNA, e-Collaborative Narrative Analysis, modulo di MEANINGS) si ha la co-costruzione di concetti attraverso l’associazione di parole, l’analisi delle differenze semantiche, l’utilizzo delle interrelazioni emozione-cognizione. Il tutto viene gestito attraverso la piattaforma DVLN, Dynamic Virtual Learning Networks da loro sviluppata. Per quel poco che ho potuto capire, un eccellente lavoro, se mi posso permettere

hffp://elearning.medicina.unina.it/dvln

giovedì 19 aprile 2007

Abbattere gli LMS

Corrado si domanda se gli LMS siano integrabili nel Social Software (S_Sw) o se siano da abbattere.

Nel suo post ho commentato che, ad essere gentili, potremo dire che sono “oggetti” che servono a cose differenti. Ciò che può fare l’uno non può fare l’altro e viceversa.

In realtà, nella mia realtà, sono antitetici.

Qui avevo già scritto esprimendo poca simpatia didattica per lo strumento.

Più analiticamente e tempo addietro avevo argomentato con maggiore analiticità sulle basi concettuali degli LMS.

Assumendo un atteggiamento meno radicale (ma perché non parlar chiaro a 56 anni?.... tengo famiglia diceva qualcuno …) ho tentato recentemente di costruire un quadro d’insieme che non ponesse in antitesi gli LMS ad altri strumenti e sottostanti approcci

In breve, a me pare che le tecnologie siano oggi usate a due scopi, radicalmente differenti:

  • come supporto organizzativo-logistico alle attività didattiche (gestione delle iscrizioni, degli allievi, per le comunicazioni, per lo sviluppo e la gestione di contenuti, organizzazione delle attività, …..)
  • come strumenti per l’intervento diretto ed intenzionale nei processi di apprendimento (cognitive tools, simulazioni, numerose learning strategies – cognitive fexibilty hypertexts – case-based reasoning, social software, ecc.. ).

Gli LMS appartengono alla prima tipologia. Fin qui nessun problema: se uno strumento può essere utile per semplificare e rendere più efficiente un processo, perché non usarlo?

Il problema nasce quando si usa un LMS e si ha la convinzione di fare un uso “didattico” delle tecnologie. No, se ne sta facendo un uso “organizzativo”.

Allora come usare le tecnologie a scopo “didattico”? Questa è un’altra partita ed attiene alla vera “mission” di queste mio blog.

Rispondendo a Corrado, credo che non ci sia alcuna necessità di "integrare" ne, se proprio si vuole, di "abbattere" gli LMS. Se devo andare a Bolzano, prendo il treno, se ho fame vado al ristorante (quando posso permettermelo).

sabato 7 aprile 2007

Webquest si, webquest no

Corrado Petrucco nel suo blog scrive "Contro le WebQuest" . In un mio commento nel suo blog, pur dicendo di condividere la sue riflessioni sulla natura de-strutturata del web e, soprattutto, che nella vita reale le persone, nel fronteggiare un problema, non si troveranno di fronte ad un insieme ordinato e selezionato di link. Condivido, anche, che il web è e va inteso come "flusso" e non come insieme statico di risorse ..
Non sono, però, d'accordo quando afferma che le WQ sono tutto fuorché quello che dovrebbero essere e cioè da usarsi quando va appreso(cito letteralmente nel corsivo):
-Quando è necessaria una certa informazione
-Dove e Come cercarla
-Come valutarla
-Come utilizzarla ed integrarla efficacemente nelle strutture concettuali

Non condivido, di conseguenza, questa sua conclusione : "Meno WebQuest, più educazione ai social networks, grazie".
Perché?
  1. Non vedo nessuna conflittualità tra i le due "cose", non solo perchè il social networking è "anche" e sopratutto una "filosofia" e le WQ una tecnica didattica, ma perchè sul piano della didattica, i due "strumenti" sono utilizzabili in contesti differenti ed in uno specifico contesto uno dei due può essere più adatto dell'altro; niente quindi, il modello "o questo - o quello", ma "...dipende";
  2. Le WQ sono molto di più che una modalità didattica per sviluppare la così detta "Information Literacy"(i 4 punti in corsivo qui sopra). Possono servire anche a questo ma, a mio avviso, nella mia comprensione e nel mio uso, le WQ sono molto di più e sono molto più "ricche" dal punto di vista didattico;
  3. le WQ sono un approccio (strumento, strategia, metodo, ...) didattico in cui chi apprende segue un percorso aperto e personalizzabile e l "'ingabbiatura" data dalla lista di risorse predisposta dall'insegnante e consultabili per lo svolgimento del "compito" non "chiude" ne struttura rigidamente il lavoro dell'allievo. Il modello WQ, anche nella sua forma ortodossa, prevede differenti gradi di apertura delle risorse esplorabili;
  4. le WQ hanno l'enorme valore di rappresentare una forma di didattica centrata sull'allievo, in cui lo stesso ha un ruolo attivo, in cui si approccia una tematica attraverso scoperta, in cui si costruisce un artefatto e non si è passivi fruitori di un elaborato sviluppato dall'insegnante ( e potrei dilungarmi ma non sto scrivendo un saggio sulle WQ) .
Le WQ consentono, inoltre, di contrastare un uso (scolastico) del web che si concretizza nel modello "copia ed incolla" e rispetto a questo rappresentano già una forma evoluta del suo uso.
Le WQ, sono, inoltre, un approccio soft all'uso delle tecnologie in classe quando ne insegnanti ne allievi sono tanto skilled nelle IT, ne dal punto di vista tecnologico che pedagogico e didattico.

Non mitizzo il valore delle WQ: sono, come tanti altri, degli "strumenti" didattici, utili in alcuni casi, meno utili in altri. Inutili del tutto in altri.

Forse, le WQ hanno un valore contingente, nel senso che oggi rappresentano una strada fattibile di uso didattico delle tecnologie. Domani potrebbero essere superate. Non dimentichiamo che altri strumenti/approcci sono, oggi, culturalmente troppo avanzati per la consapevolezza e la conoscenza "media" e sono riservati ad una elite.
In questo senso, le WQ, possono essere un approccio maggiormente "democratico".


lunedì 26 marzo 2007

Moodle Moot Italia 2007 (3) - Fini

Antonio Fini, uno dei pochi informatici, a mia conoscenza, che lavorando nel modo dell’educazione, non crede che il modo inizi e termini con le tecnologie. Un informatico che da tempo approfondisce le implicazioni pedagogiche e didattiche dell’uso (didattico) delle tecnologie. Antonio, che da tempo collabora all’Università di Firenze con il gruppo di Calvani, sta lavorano al suo PHD ed approfondisce le problematiche del web 2 tanto dal punto di vista concettuale, che da quello applicativo.

In questo contesto, Antonio, ha sviluppato una integrazione tra Moodle e ELgg.

L’applicazione presentata a RE, riguarda l’uso di questa integrazione nell’ambito delle attività di LTE, Laboratorio di Tecnologie dell’Educazione per consentire ad utenti e staff di creare un “ambiente personale (e nello stesso tempo “sociale”) di apprendimento” Il modello credo sia quello del PLE di Oleg Liber ed altri alla Bolton Universty, UK.

Apprezzo e condivido la dichiarata finalità di andare oltre le piattaforme di e-learning per consentire alle persone di gestire i propri percorsi di apprendimento informale oltre e dopo un corso.

Con l’approccio PLE, credo, si abbia realmente un modello didattico “student-centred” che va andare oltre quello “course-centred”.

Come dice Antonio, non più piattaforme ma “servizi” web.

Breve nota su ELgg. ELGG è un insieme di applicativi open sources per il social network che consente a ciascun utente di creare in modo agevole, aperto, flessibile, un proprio “ambiente” on-line di socializzazione e condivisione di contenuti.

domenica 4 febbraio 2007

iLearn Forum 07 (5) varie ed eventuali

In breve, altre presentazioni che mi pare utile segnalare senza entrare troppo nei dettagli

Centro di eccellenza in USA

Sabine Hoidn dell’Università svizzera di San Gallo parla di uno stage da lei fatto in California alla Università di Stanford dove è attivo il SCIL, un centro d’avanguardia per lo studio di applicazioni tecnologiche (strumenti e metodi) nella didattica d’aula (a state-of-the-art testing ground for technology applications in the classroom.). Il Centro è co-diretto da Roy Pea, uno dei miei riferimenti scientifici. Mi sembra molto interessante e mi piacerebbe andarlo a visitare. Per ora accontentiamo ci di alcune visite virtuali in http://scil.stanford.edu e in http://wallenberg.stanford.edu.

Curriki in www.curriki.org

Comunitá online con una grande quantità di materiali digitali per diversi curricoli ben organizzati con metadati. L’ambiente è dotato anche tool per lo sviluppo e la modifica dei contenuti presenti secondo il modello collaborativo del wiki. I materiali sono open source

Learning landscape, in http://redgloo.sse.rdg.ac.uk

All’Università Reading, un ambiente con e-portfolio e social networking basato su Elgg per la connessione tra persone e per la condivisione di risorse

Gli studenti avviano e mantengono “comunità” legate ai temi dello studio o ad interessi personali (sembra che siano quest’ultime a prevalere …..).

L’ambiente viene, anche usato dagli studenti per annotare i materiali didatti con proprie spiegazioni.

L’ambiente, secondo la relatrice, risulta essere utile anche per stimolare la riflessione

Alcuni gruppi hanno iniziato a funzionare come una vera e propria Comunità di Pratica secondo i principi di Wenger. Una valutazione degli autori: gli strumenti presenti in Learning Landscape non bastano a sostenere una vera CdP. Forse usare Moodle con integrato Elgg potrebbe rispondere alle esigenze.

Smart Answering Machine UNED

Alla Università Nazionale a Distanza spagnola hanno messo a punto un risponditore automatico (ed intelligente) alle domande degli studenti. L’applicativo ricerca in più database contenenti informazioni, valuta la qualità della fonte ed identifica la più adatta e confeziona la risposta.

Pare che i risultati siano più che soddisfacenti.

Ricordo di aver sentito parlare James Taylor di una cosa simile sviluppata da lui alcuni anni (2000) fa in Australia. Si tratta del progetto GOOD, Generic Online Offline Delivery sviluppato dall'University of South Queensland per l'automazione di certe interazioni didattiche utilizzando le tecnologie al fine della riduzione del costo del servizio didattico

Qualità

Ho assistito, anche, ad un paio di presentazioni sulla “qualità”. Nessuna mi ha convinto per davvero. Mi sono sembrate più preoccupazioni di istituzionalizzare un modello di qualità stando ancora ben e troppo lontani da quella che è la qualità per l’utilizzatore.

User-centred designed classroom

Un paio di presentazioni di ricerche fatte alla OUC, Università Aperta della Calalogna, una

Sul disegno delle interfacce dei corsi per renderle più leggibili (è stato usato Morae un software per testare agevolmente l’usabilità dei prodotti web); una seconda (ispirata sempre ai principi user centred design) in cui sono state misurate le reazioni emotìve degli utilizzatori identificando una decina di “indizi” espressivi correlati ad altrettanti “stai emotivi” dell’utilizzatore.

Soluzione “multi-blended” …… al Forcom

Scomodando Mark Prensky per la sua concettualizzazione dell’ Homo Zappiens e Knowles con la sua “andragogia”, viene presentata una soluzione “multi-blended) per organizzare ambienti di apprendimento efficaci. Tali ambienti sono un mix di piattaforma web, webcast e web TV e sono usat per distribuire “didactic pills” (la nuova generazione dei “learning objects”?)

sabato 30 dicembre 2006

Le cattedrali pietrificate dell’apprendimento e Web3

Mi è venuto spontaneo scimmiottare, con questa immagine, Carlo Azelio Ciampi quando, ancora Governatore della Banca d’Italia, a proposito del conservatorismo delle banche aveva coniato la fortunata espressione: “cattedrali pietrificate del credito”. Ho appena letto l’articolo on-line “The Third-Generation Web is Coming” di Nova Spivak e mi domando se le nostre scuole non siano delle vere e proprie cattedrali (pietrificate) dell’apprendimento. Già gli strumenti del web 2 sono, nella media, oscuri oggetti del desiderio quando si parla di tecnologie per sostenere i processi di apprendimento (vedi, ad esempio, il grande amore per le piattaforme). Parlare, già, di web 3 mi pare parecchio impegnativo se non proprio fantascientifico. Colpa, secondo me, non tanto degli utilizzatori finali (insegnanti ed allievi) che offrono strenue resistenza, ma di coloro (gli “esperti”, i decisori, ..) che dovrebbero prospettare approcci attuali (metodi e strumenti) e non ancorarsi alla rassicurante archeologia tecnologica che ripropone paradigmi educativi universalmente considerati superati.

Venendo a Spivak ed al web 3, apprendo che questa nuova generazione di strumenti è attesa per il debutto nel 2007 e sarà più connessa, aperta ed intelligente, con tecnologie del web semantico, con database distribuiti, con il processare un linguaggio naturale, macchine per apprendere e per ragionare, agenti autonomi.

In breve maturerà e si evolverà la convergenza di diverse applicazioni del web 2 per la comprensione delle informazioni facilitata dalla macchina con lo scopo di consentire all’utente una esperienza maggiormente produttiva ed intuitiva.

Il termine “web 3” pare sia stato coniato da John Markoff del New York Times nell’anno ancora in corso.

giovedì 28 dicembre 2006

Basta con le piattaforme, meglio i trampolini che, almeno, sono più elastici

Con questa fantastica battuta di Mario Rotta (non l’ho sentita con le mie orecchie ma mi è stata riportata da una collega più che affidabile) ritorno sul tema delle così dette “piattaforme” per la formazione chiamate, anche, LMS (Learning Management System) per i puristi della tecnologia o VLE (Virtual Learning Environment) per chi ha un orientamento più “pedagogico”.

Non so chi sia fuori dalla realtà (forse lo sono io), ma ci si accanisce ancora a difendere questi strumenti come fossero il meglio che la tecnologia mette, oggi, a disposizione di chi ha a che fare con i processi di apprendimento e vuole arricchirli, differenziarli o migliorarli con le tecnologie.

Non nego una certa utilità delle “piattaforme”; io stesso dopo aver usato in un “lontano” passato Lotus Learning Space e, più recentemente, ILIAS, sto trovando molto vicina alla mia forma mentale (chiamiamola così) MOODLE, soprattutto per i suoi moduli delle “attività”. Alcuni esempi in http://e-lerarntools.provinz.bz/moodle) ma affermare che tutto inizia e tutto finisce con una piattaforma, è, per me, privo di senso.

Dove li mettiamo i blog ed i wiki (tanto per restare nel classico)? Sono certamente queste le più significative innovazioni della tecnologia per la didattica.

Dove mettiamo tutto quanto va sotto il nome di “social software” (interessante rassegna di strumenti nel blog di Gigi Cogo in http://webeconoscenza.blogspot.com)? Dove mettiamo il social bookmark e le folksonomie (ho seguito con interesse alcuni interventi di Corrado Petrucco di cui non ho qui ora alcun link da citare su queste ed altre ultime frontiere della tecnologia per la didattica)?

E, per finire, dove mettiamo tutta la questione dell’approccio PLE, Personal Learning Environment? Ne parlano molto, ad esempio, in UK Oleg Liber e Scott Wilson.

Dico tutto questo perchè c’è chi considera uno spreco di risorse spendere in tante e diversificate tecnologie piuttosto che concentrasi nello sviluppo di una ….. piattaforma!!!

Anche qui non cito la fonte.