mercoledì 15 ottobre 2008

Siel 08, le verità di Olimpo



La keynote speech è affidata a Giorgio Olimpo, presidente dell’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR, una delle poche sedi in cui si fa qualcosa di ricerca su questo tema. Ho la sensazione che i tagli ai fondi per la ricerca stiano facendo patire anche questo ente.
Il tema: “Tecnologie ed apprendimento. Guardare al passato per costruire al futuro”.
La prima parte dell’intervento riguarda un excursus sugli usi didattici delle tecnologie.
Alla fine anni 60, con la Computer Aided Instruction (la famigerata CAI) il modello era quello dell’agente istruzionale, la macchina che interagisce, regolando il flusso di informazione con lo studente.
Con l’avvento delle scienze cognitive (anni ’80) cambia il punto di vista: si propone un contesto educativo in cui lo studente inizia ad essere l’attore. Si parla di Computational Environments for Human Learning.
La tecnologia comincia ad essere vista come una risorsa per apprendere con sue proprie specificità contrapponendosi, in questo modo ai modelli emulativi (tramite tecnologia) di modalità tradizionali di didattica. La tecnologie inizia a connotarsi come una componente del contesto educativo. La strategia didattica è solo parzialmente implicita nello strumento. Sul piano delle teorie dell’apprendimento si propone una complementarietá di apprendimento individuale ed a costruzione sociale.
Interessante l’opinione, supportata da analisi, che Olimpo espone: con l’emergere di nuove tecnologie si é fatto un passo indietro sul piano concettuale. Un esempio, l’e-learning che ripropone, con le tecnologie, una didattica istruzionista che nella scuola “normale” era ed è in una fase di ripensamento e superamento.
Questo è avvenuto anche con gli Intelligent Tutoring System ed anche con la multimedialità,
Con l’e-learning, nelle sue espressioni dominanti, si ha una cattiva erogazione di contenuti e un’interazione non integrata ed opzionale e con modelli, organizzativi rigidi.
Adesso parte una bordata di critiche al sistema. (chissà se qualcuno dei presenti ascolterà). Si fa didattica con le tecnologie senza tener conto dei risultati della ricerca. E questo é un peccato comune ai ricercatori, ai policy maker, al mondo del business. Molti comportamenti di decisori politici, di responsabili di istituzioni ed organizzazioni educative si recepiscono le tecnologie come un fatto ineluttabile (= ci sono, dobbiamo occuparcene), come un rischio misto a paura. Si vedono le tecnologie come rimedi contro la noia di tanta didattica. Ciò che sembra guidare tante scelte a favore delle tecnologie sembra essere la logica del porre rimedio, non quella di una grande opportunità di cambiamento e di miglioramento.
Si torna indietro e lo si fa per interessi di bottega, di mercato, di politica, di ricerca.
Anche su questo la politica dimostra di avere bisogno di tempi brevi per i risultati ed usa un pensiero sbrigativo (ecco l’enfasi sulle lavagne interattive come “vera” espressione dell’innovazione. Il riferimento ovvio è ai recenti investimenti ministeriali in “macchine”, per la gioia dei produttori e dei venditori. Commento mio, ma non credo tanto lontano da quello del relatore).
Sul piano scientifico, Olimpo, rileva la mancanza dell’effetto cumulativo dei risultati della ricerca. Tutti operano nell’ignoranza, nella non considerazione di quanto altri hanno fatto. Questo avviene perché non esiste un dialogo tra punti di vista parziali e differenti.
Si ha contrapposizione di punti di vista: umanisti vs tecnologi, prospettiva socioculturale vs cognitiva. Si ha una insufficiente collaborazione interdisciplinare; si hanno resistenze istituzionali e culturali.
Questo avviene, anche e più banalmente, perché raramente si ha accesso alla documentazione di ricerca, che viene occultata se non in quelle parti in cui si descrivono i risultati positivi tacendo colpevolmente su quelli negativi. E questo occultamento di informazioni è tanto più forte, quanto più i finanziamenti utilizzati sono di tipo pubblico (qualche riferimento a recenti e non recenti mega programmi ministeriali?)
Vi è, inoltre, la difficoltà storica propria del settore ad identificare paradigmi condivisibili, riconoscere similitudini e differenza, condividere risultati ed esperienze. Abbiamo la necessità di un salto di qualità della ricerca perché nel mondo che ci circonda cambiano i bisogni e le motivazioni.
Lo scopo dell’educazione si sta precisando essere quello dell’educare per le nuove dinamiche tenendo conto delle forme non formali dell’apprendimento.
Ricordano la celebre affermazione di Rebelais (è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena), Olimpo chiude la sua relazione con l’esortazione, al mondo accademico, ad una maggior intraprendenza concettuale, ad una certa spregiudicatezza nel pensiero.

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