Fin dalla prima volta che ho saputo dell’ “esistenza” della “conoscenza inerte”, ne sono rimasto attratto, affascinato, turbato. Da quel giorno, una delle mie principali ossessioni professionali è stata quella di non lavorare anch’io per lo sviluppo di conoscenza inerte. Ho cercato di capirne qualcosa per prendere le mie “contromisure”.
Ho trovato che alcune ricerche (Duprè et al., 1981 e Caramazza, McCloskey, Green, 1981, citati in Zucchermaglio, C. 1996) hanno provato che studenti di fisica che si erano brillantemente laureati non erano in grado di risolvere semplici problemi che richiedevano l’applicazione dei concetti appresi se questi erano loro posti loro in forme e contesti leggermente diversi da quelli scolastici. Ben il 70% di questi davano risposte uguali a quelle date da persone che non avevano ricevuto un’istruzione sistematica nel campo della fisica (pagg. 45-46). … eppure si erano laureati brillantemente!
Altre ricerche citate da Perkins (Perkins, D.N.
Ciò, secondo Jonassen (da queste continue citazioni si capisce che il sant'uomo è uno dei miei “padri” teoretici), è dovuto a due fenomeni riconducibili alle stesse condizioni dell’apprendimento:
- l’ipersemplificazione che viene fatta a scuola di concetti complessi (a scopo didattico per consentirne l’apprendimento, la spiegazione razionale data dai teorici) che non consente l’apprendimento dell’essenza di quei concetti;
- la persistenza di rappresentazioni ingenue di fenomeni (“teorie personali”) in caso di apprendimenti superficiali che prendono il sopravvento sulle teorie scientifiche quando l’applicazione di quelle conoscenze avviene al di fuori dei contesti in cui sono state apprese.
La consuetudine scolastica genera conoscenze valide solo in contesti scolastici: qui, infatti, si favorisce:
- lo sviluppo di conoscenza con modalità astratte (pensando, illusoriamente, che l’astrattezza del contesto in cui sono sviluppate favorisca, poi, le più disparate applicazioni);
- l’applicazione a problemi tipicamente scolastici,
- si valutano gli apprendimenti con esercizi scolastici,
- si semplificano i concetti perché, altrimenti, non sono appresi,
- non si considerano le conoscenze già possedute dall’individuo che, comunque, sono presenti, agiscono e, spesso, prevalgono sulle nuove.
Va bene, Gianni! Ho verificato che attribuiamo lo stesso significato al concetto di "conoscenza inerte". Concordo al 100% con i contenuti del tuo post.
RispondiEliminaProprio questi contenuti mi hanno fatto riflettere ancora una volta su un problema educativo antico: “Che cosa significa veramente comprendere?” che si collega direttamente alla tua domanda "Come si apprende"?
E poi mi è venuto spontaneo riflettere in che modo la comprensione è connessa all’orientamento. Relazione mai considerata in modo serio quando, a scuola, si afferma nelle riunioni di commissione "Facciamo orientamento!".
Ma iniziamo dalla prima domanda: partiamo dalla convinzione, oramai assodata, che comprendere non è dare una risposta giusta ad un test, perchè in questo caso la risposta può essere stata memorizzata. La comprensione sembra piuttosto essere chiamata in causa quando occorre affrontare ciò che è nuovo usando appropriatamente qualcosa che si è già appreso.
La nuova scienza cognitiva ha dimostrato che i migliori studenti in fondo non comprendono poi tanto: i "bravi" studenti di fisica, ad esempio, se devono spiegare come agiscono le forze in fenomeni banali della quotidianità, danno più o meno la stessa risposta che darebbe un bambino in età prescolare, sembra che tutta la loro istruzione non serva quasi a nulla.
Come si spiega questa situazione? Sempre la scienza cognitiva ha dimostrato che i bambini sviluppano, precocemente, idee sul mondo, giuste o sbagliate che siano.
Quando gli stessi bambini iniziano a frequentare la scuola, su quelle idee si accumulano informazioni su informazioni che le coprono schiacciandole
Gardner afferma che, quando la scuola finisce, le montagne di informazioni scompaiono e si scopre che la comprensione non ne è stata influenzata per niente: ognuno di noi si ritrova ad essere il bambino che era, un bambino non scolarizzato il quale si costruisce spontaneamente idee sul mondo che possono essere giuste o sbagliate.
Tale affermazione sembrerebbe esagerata ma se si prova a chiedere ad una persona se cade prima un oggetto pesante o uno leggero, quando entrambi sono lasciati cadere contemporaneamente, questa risponde che l’oggetto più pesante arriva prima di quello più leggero, facendo ricorso all’intuizione spontanea secondo la quale le cose pesanti arrivano a terra prima delle cose leggere.
Ciò che lascia stupefatti è che molti studenti di fisica, presi a bruciapelo, danno la risposta intuitiva, esattamente come i bambini in età prescolare, anche se hanno studiato le teorie di Galileo e di Newton.
E altri esempi confermano quanto sopra detto.
Queste teorie spontanee sul mondo, sviluppate precocemente dagli individui, sono molto potenti e di conseguenza radicate fortemente nella mente anche se non sono vere.
La scuola dovrebbe porre estrema attenzione a ciò e non limitarsi a coprire con montagne di informazioni le concezioni spontanee degli studenti perchè, quando essi lasceranno la scuola, riprenderanno a pensare come quando erano bambini: la scuola non avrà avuto alcuna influenza sulla capacità di capire dell'individuo.
A questo punto interviene, nel problema della comprensione, l’intelligenza o meglio, secondo la teoria delle IM, le diverse intelligenze.
Gardner afferma: “Se vogliamo che le persone capiscano veramente, dobbiamo trovare la forza per spenderci, per passare con loro tutto il tempo che è necessario, per utilizzare le intelligenze multiple. Qualunque argomento al quale siamo disposti a dedicare del tempo può essere avvicinato in almeno otto modi diversi…… Forse non è necessario che ogni argomento sia visto da questi otto diversi punti di vista: è però importante che vengano usati più modi di guardare uno stesso fatto di realtà. Ciò che importa è "scoprire anziché coprire ". Allora succederanno due cose stupende. La prima è che permetteremo a ciascun bambino di utilizzare l'approccio più adatto alla sua intelligenza. La seconda è che daremo a tutti la sensazione di aver capito, di avere conquistato confidenza con l'argomento, di poterlo gestire senza paura in ogni momento e in ogni evenienza”.
Passando al secondo quesito, cosa può orientare di più del mettere in grado lo studente a che riesca a mobilitare la propria competenza intellettiva e a lanciare in campo la propria conoscenza per affrontare l’ignoto, mettendosi alla prova?
Non è forse questa l’essenza della comprensione autentica? E cosa orienta più del capire veramente, includendo anche la comprensione e la consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza?
La scuola potrebbe fare molto per orientare le scelte dello studente sia focalizzandosi sulla personalità di questi che tenendo conto del suo ambiente di vita.
Per il primo aspetto, la scuola può guidare e sostenere l’allievo durante il suo percorso formativo affinché possa avere successo e gradualmente riuscire ad operare le future scelte scolastiche.
Per il secondo aspetto, la scuola deve agire in sinergia con la famiglia e con altri centri di orientamento presenti sul territorio in modo da fornire un ampio intreccio di supporti orientativi.
Scusami se sono andata a ruota libera, ma il tuo post mi ha fatto ripensare a problemi antichi e ancora irrisolti, purtroppo!
Ciao. Annarita
quanta verità, Gianni....
RispondiEliminasperimentato spesso quanto dici!
Trattazione dell'argomento, partecipazione attiva della classe, verifiche, orali e scritte, da "ottimo", proposta di soluzione di un problema tratto dal "quotidiano": pochi alunni capaci di utilizzare conoscenze e abilità!
E poi... "ooohh è verooo", "adesso ho capito"!
Avevano davvero capito??? :-)
bisogna insistere, insistere... :-)
Trovo che il concetto di conoscenza inerte (CI) sia estremamente utile per porre la questione della comprensione.
RispondiEliminaCome dici Annarita, esiste la tematica delle teorie implicite, ingenue.
Esiste la correlata tematica della dissonanza cognitiva (quella che forse hai usato tu, Giovanna per far "capire").
Esiste quella dell'apprendimento significativo (meaningfull learning)e della costruzione di senso. Tutto il costruttivismo ci aiuta in queste tematiche.
Nella mia libreria su Anobii ci sono buona parte dei libri che mi sono mangiato sull'argomento.
Molto utile e pratico il libro di Jonassen : Jonassen, DH (2007). Modeling with Technology: Mindtools for Conceptual Change. Columbus, OH: Merrill/Prentice-Hall.ed, immagino, quello nuovo che uscirà nel 2008 Jonassen, DH , Howland, J, Marra RM, & Crismond, D. (2008) Meaningful Learning With Technology. Columbus, OH: Merrill/Prentice-Hall.
Gianni,
RispondiEliminagrazie per i riferimenti.
andrò sulla tua libreria di Anobii....