martedì 24 aprile 2007

Pane al pane, vino al vino (3). Jonassen e le “vaghe assunzioni su come insegnare”

Predichiamo costruttivismo e razzoliamo istruzionismo

Jonassen collega la tematica delle “teorie personali” a quella della “conoscenza inerte” ed afferma, (citazione già fatta qui in “Conoscenze come ghiaia: materiali "inerti") che la “conoscenza inerte” si manifesta per “ ….. la persistenza di rappresentazioni ingenue di fenomeni (“teorie personali”) in caso di apprendimenti superficiali che prendono il sopravvento sulle teorie scientifiche quando l’applicazione di quelle conoscenze avviene al di fuori dei contesti in cui sono state apprese” .

Sempre su problemi di didattica dovuti a debole fondazione concettuale della pratica, Jonassen, sta parlando del suo lavoro sul problem solving e sul ruolo dell’esperienza nella loro identificazione e soluzione, afferma che: “Faccio un esempio: gli insegnanti che incontro sono spesso esperti nella loro area disciplinare ma sono dei novizi per quanto riguarda la soluzione di problemi di didattica. Si potrebbe, quasi, dire che pochi professori sono esperti perché mancano di esperienza autentica. Infatti, il protocollo che usano per risolvere problemi didattici non è basato sulle teorie dell’apprendimento o sulla progettazione di messaggi ma piuttosto su vaghe assunzioni su come “insegnare”. Nella mia esperienza, questi assunti creano una barriera allo sviluppo di una comprensione più sofisticata sulla natura del problema. E’ molto difficile risolvere coerentemente un problema se non lo puoi definire. Non possono definire il problema perché non sanno come farlo. Incontro situazioni simili nel mio lavoro con i professori di ingegneria. A livello nazionale meno del 25% dei professori di ingegneria ha fatto pratica come ingegnere e questa mancanza di esperienza li porta a fare un insegnamento basato sulla trasmissione di contenuti organizzati gerarchicamente, non nel modo in cui sono usati dai professionisti dell’ingegneria. L’esperienza può essere acquisita solo attraverso una grande quantità di pratica riflessiva. Ecco il vero problema di un sistema di istruzione basato su assunti pedagogici errati”.

Ecco, quindi, alcune tra le cause del “predicare costruttivista e razzolare ostruzionista” e degli associati problemi di didattica: la scarsa pratica riflessiva, le “vaghe assunzioni su come insegnare”, lo strutturarsi di “teorie implicite” (rappresentazioni ingenue di fenomeni) sull’apprendimento.

Tutti motivi per cui sarebbe utile, prima di pensare all’uso delle tecnologie, ritornare al passato e ri-focalizzarci sull’apprendimento.

9 commenti:

  1. Scusa: ho disertato il tuo blog per qualche giorno (a causa di una mia errata configurazione dei feed, non mi sono accorto dei nuovi post) e solo ora ho letto le ultime puntate. Naturalmente l’idea di un vero e proprio “processo alle tecnologie nella didattica" mi intriga molto. Anzi: stavo cercando di capire se nei miei ambienti di lavoro (liceo Sigonio, Progetto Ted…) mi riusciva di organizzare il seminario per pochi intimi che avevi suggerito… Nell’immediato però c’è qualche problema (in questo mese dobbiamo organizzare tutti i nostri incontri per la chiusura annuale del progetto e…), ma se a Genova ti metti d’accordo con qualcuno per qualche posto io farò i salti mortali per esserci (tieni conto però che io sono un docente a tempo pieno, che il sabato lavoro fino alle 13, che non posso più prendere permessi, eccetera…).
    Per il resto… concordo con tutti gli altri interventi: sposo in pieno la tua ennesima riflessione sugli LMS: io uso Moodle semplicemente come amplificatore funzionale della mia abituale strategia didattica (lo strumento dà qualcosa in più dal lato organizzativo ed in termini di efficacia ed efficienza in alcune attività, ma certo non è – e nel mio caso non vuole essere - una rivoluzione cognitiva o pedagogica); qualche dubbio mi rimane sull’uso di S_Sw, ma sto sperimentando e…
    E poi sul fatto che predichiamo costruttivismo e razzoliamo (i)ostruzionismo, sfondi con me la classica porta aperta… (però anche su questo è il caso di fare una riflessione profonda: dobbiamo ancora investire tempo, energie e danaro sulla via di un ennesimo sol dell’avvenire?).
    I due post apparentemente lassisti che ti hanno giustamente lasciato perplesso (interrogazioni e riunioni monodisciplinari) hanno una evidente funzione catartica tesa a preservare il mio fragile equilibrio psicoprofessionale (il blog sostituisce il lettino dell’analista?), ma hanno pure la velleità di dipingere un pezzo di realtà scolastica: un’intera riunione sulle tecnologie educative (i libri cartacei!) senza un accenno ad altri possibili strumenti per la costruzione della conoscenza; ed intere annate disciplinari basate sostanzialmente sul rito dell’interrogatorio (più qualche verifica scritta che vale per l’orale!!!)…

    RispondiElimina
  2. istruzionismo o ostruzionismo?
    Mi sa che non era un refuso... :-)

    RispondiElimina
  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  4. Al processo ci sto anche io...ma provoco. Che si riuniscano a qualche piano del Ministero e si dica ufficialmente, con Circolare Ministeriale che le tecnologie non devono entrare a scuola; reinvestiamo i (pochi) soldi ad esse destinate (progetti, macchine, ecc.) in fotocopie, cartaigienica e scottex per le elementari (non in fondi IDEI per il recupero!!!). Insomma stabiliamo per decreto la separatezza della scuola dal mondo che ci circonda. Almeno sarà una scelta! credo, da quel che vedo e sento, che nelle alte sfere accetteranno tranquillamente volentieri. Guardate che i primi contenti saranno i prof! Apprendimento? di che parliamo? ma soprattutto di chi parliamo? Non ho le percentuali, ma ricordiamo sempre che la scuola è un nobile part time femminile, svolto in attesa della pensione o che i ragazzi si accorgano che si studia aprendo il libro! esattamente come ciascuno di noi ha dovuto fare 20 o più anni fa! ma che pretendono, di studiare con MTV???

    RispondiElimina
  5. Agati, per il "processo" possiamo studiare opzioni alternative alla tua scuola ma se pensassimo a settembre, magari un paio di giorni prima dell'inizio delle attività didattiche , sarebbe difficile farlo?
    Relativamente ai post in questione e da te etichettati come "lassisti" non è questa la mia opinione. Potrei definire "lassita" la situazione che dipingi ma non il pittore (non vorrei mi si attribuisse il vecchio detto: "quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito").
    Barca, i problemi sono sempre quelli: scuola separata dal modo reale? estraneità sostanziale della scuola dall'apprendimento?
    Le provocazioni aumentano e rifletterci fa bene, non solo per il loro potere catartico. Nel confronto ci chiariamo le nostre idee, le argomentiamo meglio

    RispondiElimina
  6. eh, ma nel frattempo penso che anche tu abbia letto l'articolo su Repubblica, sui risultati Istat a proposito di adolescenti e tecnologie...ma allora, non è così paradossale pensare che se il vero problema per loro è l'integrazione con le vecchie tecnologie e il dominio assoluto dei nuovi media (vedi multitasking) allora, forse, veramente va creato un luogo in cui si usino solo libri e pensiero...o dove si insegni ad integrare il tutto? Ho letto anche gli interventi sull'Università...non ho i dati, ma sai che credo accadrà un "salto parallelo" ascuola e nell'università...mi spiego: per trovare insegnanti disponibili alle nuove tecnologie (parlo dei grandi numeri, non della nicchia) dobbiamo aspettare tra i 10 e i 20 anni (l'uscita di coloro che sono in dirittura di pensione). All'università, per esperienza diretta, non è sempre vero che ci siano tanti studenti così tecnologici...anzi, sono spiazzati dall'uso collaborativo delletecnologie...dovremo aspettare almeno 5 anni (i nati intorno al 1995) per vedere cambiato l'atteggiamento...ma nel frattempo ad insegnare saranno arrivati quelli che io oggi (SSIS e scienze dell'educazione) vedo fare resistenza...oddio, non ci capisco più niente...forse la previsione del salto dev'essere più ampia...saluti cari Daniele

    RispondiElimina
  7. Daniele, non mi sembri tanto ottimista sui "giovani" come motori del cambiamento! A parte una carenza di competenza tecnico-informatica, io credo che le competenze, come quella a lavorare ed apprendere collaborativamente non sia innata e vada appresa. Se continuiamo a proporre situazioni didattiche di tipo tradizionale (spiegazione studio, domanda e risposta, voto)i nostri studenti, che hanno imparato ad essere pratici, reagiscono al nostro modo di fare per sopravvivere adeguandosi ai nostri criteri di successo. Ho visto che quando proponi qualcosa di diverso e lo fai con convinzione e coerenza, gli studenti ti seguono. Dipende, quindi, dal modello di apprendimento che noi insegnanti proponiamo. Lo ho provato e ne sono certo.

    RispondiElimina
  8. Bella discussione. Condivido il post, come condivido il fatto che la riflessione sulle ICT a scuola sia secondaria rispetto ad un ripensamento generale della funzione del docente.

    Io posso solo dirvi che ho 33 anni e molti colleghi più giovani di me utilizzano strategie didattiche ottocentesche.

    Quindi il quadro dipinto da Daniele è perfettamente in linea con la realtà.
    Detto questo, però, io DEVO essere fiducioso. Anzi, il compito di chi ha ben compreso tutte queste belle cose che ci stiamo dicendo è proprio quello di costituire un'avanguardia, poco numerosa forse, ma convintissima a fare breccia nelle resistenze passatiste e ultra-reazionarie che vediamo trai nostri colleghi.
    Io credo che la previsione temporale di Daniele, per i grandi numeri, è tutto sommato giusta se si considera la risposta dei docenti attualmente.
    C'è solo un problema. Un grande problema.
    Io ho fatto un'altra previsione, sempre temporale.
    E ho previsto che ci saranno 3 anni di tempo (al massimo forse 5) prima che la situazione scolastica esploda completamente.
    Abbiamo visto cosa ha creato a scuola la fotocamera dei cellulari in 3 anni e cosa ha creato youtube in un anno.
    C'è gente ancora che si ostina a fare guerre di religione contro la tecnologia e vorrebbe che i nostri ragazzi andassero in giro con il cestino della merenda come ai tempi dei nostri nonni.
    C'è gente che vede la scuola separata completamente dal mondo. Quindi, lo ripeto, questi docentinon vogliono una scuola, ma un museo.

    Ma tra 5 anni, se procede come credo l'evoluzione rapidissima di questi ultimi anni, costoro non riusciranno a farsi ascoltare neppure per 2 minuti dai futuri alunni.
    E solo allora a mio avviso correranno ai ripari. Qualcuno, più furbo, sta correndo ai ripari già da ora. Ma sono pochi. Pochi illuminati in un mondo di ciechi.

    Un saluto ad entrambi (Daniele, ci siamo incontrati a Montecatini, ma forse non ti ricordi di me).

    RispondiElimina