domenica 22 aprile 2007

Pane al pane, vino al vino (1). Shock epistemologici

Predichiamo costruttivismo e razzoliamo istruzionismo

Sono anni che, soprattutto in convegni, ogni premessa concettuale alla presentazioni delle cose mirabili consentite nella formazione in aula e, sopratutto a distanza dalle tecnologie casi, sembra sia d’obbligo agganciarsi all’epistemologia costruttivista.

Evidente, nell’immaginario collettivo i principi costruttivisti dell’educazione/formazione centrata su chi apprende e non sul “cattivo” insegnante e sugli ancor più cattivi contenuti, sull’apprendimento attivo e controllato dall’allievo, sulla considerazione degli apprendimenti e sul costruire su questi i nuovi apprendimenti …….. sono ritenuti particolarmente desiderabili e da far prevalere sull“istruzionismo”.

Sembrava (ed ancora sembra) quasi che “tecnologie” (didattiche) dovessero (debbano) fare il paio con “costruttivismo”.

Personalmente sono fermamente convinto che il paradigma costruttivista, diversamente da quello istruzionalista, possa apportare alle tecnologie usate con finalità di istruzione/formazione quel “valore aggiunto” che giustifica il maggior costo (economico ma, anche sociale) ad esse sempre associato.

Però, questo grande amore per il costruttivismo non lo vedo proprio in tanta pratica; lo vedo, e bene in evidenza, nelle premesse,nelle introduzione, nelle enunciazioni di principio, ma nella pratica, molto di meno.

Esempi?

Ricordo uno dei primi “shock epistemologici”, parecchi anni fa quando, in un convegno, un mega-boss IBM, invited speaker ed in posizione di rilievo, si lascia andare a venti minuti di appassionata, al limite del poetico, lezione sul costruttivismo, per andare veloce sulla presentazione di cosa stavano facendo: bieco, che più bieco non si può, istruzionismo. La delusione è stata grande perché non credevo, da vero ingenuo, che in onore del business si potessero compiere tali nefandezze epistemologiche.

Altro shock, ma per fortuna con effetti meno gravi (nel frattempo sono cresciuto e ci ho fatto il callo) al congresso SIe-L, lo scorso anno quando in una delle tante presentazioni ritenute meritevoli dagli organizzatori (una mia proposta era stata bocciata per “troppa fiducia nell’apprendimento collaborativo”) presentano un loro LMS evidenziando, come titolo di merito, il suo essere stato sviluppato secondo i principi del costruttivismo. Ne è seguita la descrizione dell’ennesimo e classico LMS comportamentista. Con alcuni colleghi ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo concluso: dobbiamo aver letto i libri sbagliati sul costruttivismo …….

Allora: che bisogno c’è di dichiararsi “costruttivisti” quando si agisce da comportamentisti?

Non vedo alcun male ad essere comportamentismi; in fin dei conti si è in buona compagnia di Gagnè, Dick, Carey, Mager, Merril. Ma, forse, dichiarare, quando si vuole piazzare qualche prodotto, che ci si muove nel solco del comportamentismo, non è tanto cool.

Sembra proprio, non si possa, quando si propone qualcosa di innovativo, dichiaralo figlio del vecchio e tradizionale comportamentismo, ed allora, giù col costruttivismo ….

Piaget, Vygotskij, non rigiratevi nella tomba ……

Pane al pane, vino al vino.

Meglio se accompagnati da una fetta di buona soppressa trevigiana …..

2 commenti:

  1. Tanto rumore per nulla: il laboratorio seminariale di Reggio Emilia è stato un esempio di quanto viene qui vituperato!!!!!

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  2. Se ti riferisci al laboratorio che ho tenuto io su "Attività di apprendimento", il modello proposto e presentato, per ragioni di tempo e per gli interessi dimostrati dai partecipanti, prevalentemente nei suoi aspetti concettuali lasciando indietro quelli operativi, è di tipica impostazione costruttivista. Si potrebbe obiettare che si tratta di una applicazione costruttivista moderata (in contrapposizione ad una "radicale") e su questo ti potrei dare ragione, ma non si tratta certamente di un approccio istruzionista

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