Leggo, infatti, ne “La Repubblica” di oggi che Second Life sarebbe una vera e propria bufala. Solo 300.000 abitanti invece dei 9 milioni dichiarati dalla Linden Lab.
Una popolazione di fantasmi.
E’ l'autorevole Wired (agosto) a fare i conti in tasca a SL. In precedenza, anche The Guardian avrebbe espresso forti dubbi sul "successo" della seconda vita. A dispetto dei milioni di dollari spesi dalla Coca Cola e da altre multinazionali per esservi presenti pubblicitariamente!!!
Per stare nel mio campo, sono sempre stato perplesso della reale utilità didattica di SL non vedendone un valore aggiunto e/o diverso rispetto ad altri tool già entrati nell'uso quasi-corrente anche se tanti si sono affettati a pontificare, senza dimostrazione, sulle potenzialità didattiche dello strumento . In questo blog si citano diverse esperienze di usi di SL nella didattica. da seguire. va citata, anche, la sperimentazione SLOODLE, nata dall'integrazione di SL e Moodle. Altra esperienza da seguire.
Perché, viene spontaneo chiederci, tutto questo (apparente) successo?
Credo che SL debba essere considerato un successo meramente mediatico, un nulla o quasi (come Paris Hilton) creato e mantenuto in vita:
- dalla furbizia di alcuni,
- dalla pubblicità,
- dal cercare di farne una “profezia auto-avverantesi” per far ritornare gli investimenti effettuati
- dalla creduloneria di tanti
Dobbiamo, comunque, riconoscere la buona fede di qualcuno, ma, quanta fretta a mettere il cappello senza darsene una regione!!!!
Secondo quanto riportato da Jaime d’Alessandro (autore del documentato servizio), chi ha investito su SL lo ha fatto:
- perché se ne parla tanto
- in crisi di canali comunicazione pubblicitaria ci si butta a capofitto su qualunque cosa capiti a tiro senza neppure capirne limiti e potenzialità.
(mi pare che queste due categoria possano spiegare anche il fenomeno l’e-learning)
Secondo l'autore si hanno, così, due SL diverse:
- quella “reale” sul web
- quella raccontata sui giornali
dove la seconda è decisamente più interessante della prima. Un mito creato al di fuori della rete.
Già Business Week aveva “svelato” che a dispetto dei grandi numeri di utenti del web 2.0, la stragrande maggioranza lo utilizza secondo modalità web 1.0.
L’e-learning che, a dispetto di compiacenti ed interessate indagine che ne testimonierebbero il successo, è poca cosa, un guscio vuoto fatto solo di contenuti editati e distribuiti digitalmente. Una forma evoluta di web publishing, nulla a vedere con l'istruzione.
Qualche lezione da queste illuminanti storie? Ci provo, anche ripetendomi (e premettendo che “credo” nell’utilità didattica delle tecnologie):
- non basta che una opportunità tecnologica sia presente perché le persone abbiano veramente voglia di usarla e sappiano darne un significato personale
- partire dallo strumento, e non dal perché del suo uso, non porta da nessuna parte
Conclusione:
- parliamo meno degli strumenti
- parliamo del perché e del come
- portiamo casi di successo
- non facciamoci affascinare da perline luccicanti: in testa non abbiamo sfarzosi piumaggi colorati
PS: per chi è in vena di approfondimenti, una interessante bibliografia annotata sui mondi virtuali nell’educazione: “It's Not Whether You Win or Lose, but How You Play the Game: The Role of Virtual Worlds in Education” di Sharon Stoerger
Beh in effetti mettere 8.700.000 abitanti in più ha dato il suo effetto positivo alle casse della linden (se le cose stanno realmente come dici in questo post... non ho approfondito...) e i grandi investitori che hanno scommesso sull'ultima moda della rete resteranno delusi...
RispondiEliminami sono riferito a dati pubblicato su Repubblica che a sua volta cita altre autorevoli fonti. Se quest'ultime abbiano fatti i conti, questo non lo posso dire
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