lunedì 14 aprile 2008

La scuola che funziona

Si scrive e si parla spesso di scuola che NON funziona. Di riforme mai andate in porto, di sistema mal configurato, di una scuola vecchia nei metodi didattici, di tecnologie che hanno fallito il proprio scopo di migliorare la scuola..... Inutile dirlo, la nostra scuola ha una pessima immagine sociale e dirsi, oggi, "insegnante" non è proprio un titolo di merito.

MA.....

Ma, se invece di guardare al mondo della scuola dall'alto (e da fuori) ci si abbassa (mettendoci anche un po' di umiltà) e si entra nella scuola si notano tante "isole felici" fatte di tanti insegnanti che, quasi a dispetto dell'ambiente circostante non facilitante, ci mettono anima e corpo e fanno una buona scuola, fanno una scuola dove gli studenti imparano bene.

Sono insegnanti che spendono molto del proprio tempo libero ad aggiornarsi, che partecipano a reti informali di colleghi con cui scambiano dubbi, idee e risorse, che sperimentano, migliorano ...

Sono insegnanti che vivono il proprio lavoro con elevato senso etico verso i propri studenti.

Sono insegnati non sempre guardati con favore dai colleghi, proprio per questo atteggiamento che mette, loro immobili e rassegnati, in cattiva luce.

Sono insegnanti che potrebbero essere anche visti come la pudica foglia di fico che nasconde tutte le magagne della scuola e che, ingiustamente, la nobilita …

Da queste riflessioni, nell’ambito del network professionale “Orientamenti e disorientamenti negli usi didattici delle tecnologie” è stata lanciata l’iniziativa “La scuola che funziona”.

L’idea è di valorizzare il lavoro di tanti insegnanti che stanno facendo una buona scuola per dare a tutti questi un giusto riconoscimento per il lavoro svolto e per promuovere dal basso buone pratiche educative.

L’iniziativa è ancora in una fase di pre-startup; si sta costituendo il “gruppo dei promotori” e si stanno definendo le caratteristiche di questa iniziativa.

Per saperne di più e per dare la propria pre-adesione al “gruppo dei promotori”, partecipate alla discussione in O&D entrando qui (se non siete già membri di O&D con une breve procedura vi potete iscrivere) oppure scrivetemi a gianni (at) marconato (dot) net.



3 commenti:

  1. Se non fosse per la biro che ha sostituito penna e calamaio, le nostre aule sarebbero esattamente uguali a quelle dell’Ottocento. Gesso e lavagna, banchi e cattedra, e un insegnante che dispensa il suo sapere. I computer ci sono, molti, ma sistemati nel “Laboratorio Informatico”, ben lontani dalle aule in cui gli insegnanti tengono regolarmente le loro lezioni, in un’aula blindata, al sicuro dai ladri che periodicamente visitano le scuole, proprio alla ricerca dei computer. E per la classe, la lezione nel “Laboratorio Informatico” diventa un evento straordinario, al di fuori del normale percorso didattico.
    La situazione sull’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola è scoraggiante, non diciamo disastrosa per carità di patria. La conferma viene dai dati più recenti, sicuramente attendibili, perché forniti dall’AIE, l’Associazione Italiana Editori. Sono il risultato di un’indagine, svolta in collaborazione con l’Istituto milanese IARD, Franco Brambilla, nel 2003 con una verifica nel 2004 che ha praticamente confermato la situazione dell’anno scorso.
    Gli insegnanti italiani che sanno usare il PC sono l’84% e il 73% è in grado di navigare in Internet. Dati confortanti in apparenza, ma queste conoscenze non vengono utilizzate in classe. Infatti solo il 37% usa il PC per preparare le lezioni e soltanto uno su cinque, il 20%, lo utilizza in classe con gli studenti. Gli insegnanti usano il PC, a casa, per approfondire argomenti della disciplina insegnata, il 32%, per visitare siti dedicati alla scuola, il 26%, per preparare test di verifica, il 14%. Internet viene ancora visto dagli insegnanti semplicemente come una grande “biblioteca” di consultazione e non come strumento di rinnovamento della propria didattica.
    Il computer potrebbe invece accrescere enormemente le possibilità dell’apprendimento attraverso l’esperienza, perché può simulare la realtà, cioè riprodurla in un artefatto tecnologico senza usare il linguaggio. Una simulazione non sarà mai esattamente uguale alla realtà ma può possederne le caratteristiche essenziali che sono comunque sufficienti per apprendere, osservando e interagendo con la simulazione.
    Naturalmente è necessaria una conoscenza critica delle nuove tecnologie a proposito delle quali Jeremy Rifkin afferma:
    "Bisogna utilizzare la tecnologia nel modo giusto. Il computer non può diventare un sostituto delle nostre vite. E' necessario conservare la propria cultura. Ed anche qui è necessario fare un esempio e parlare di educazione e di didattica. Il mondo che il computer offre a un bambino è piuttosto ristretto, è una semplice simulazione della realtà. Secondo recenti studi è stato dimostrato che un bambino sperimenta sul campo quello che studia. Su Internet può trovare dati, ma per assorbirli deve vivere un'esperienza concreta. Il computer ci dà qualche cosa in più, non può essere un sostituto della vita reale".

    Si tenga comunque presente che l’apprendimento avviene nelle nostre scuole al 90% attraverso le parole e al 10%, forse meno, attraverso l’esperienza, mentre si dovrebbe arrivare a percentuali del 50% e 50%. La parola non è sufficiente, tanto più in una società multimediale. Come già predicava Lao Tse il vero insegnamento è senza parole, perché “le troppe parole si esauriscono presto e il saggio pratica l’insegnamento senza parlare, lasciando sviluppare gli esseri senza ostacolarli.
    Alla luce dei dati forniti dall’AIE risulta che lo studente non ha molte occasioni di incontrare le nuove tecnologie in classe, con l’insegnante che si limita sovente a una videocassetta, una volta al mese e all’uso della videoscrittura. E’ a casa che lo studente inizia a conoscere i nuovi strumenti, dalla navigazione in Internet alla consultazione dei CD, al dialogo con altri studenti, dalla realizzazione di pagine web all’apprendimento delle prime nozioni tecniche del PC.
    Le conseguenze di questa situazione sono pesanti, come osserva Seymour Papert:

    “Poiché l'evoluzione della scuola sta avvenendo molto più lentamente dell'evoluzione sociale, un numero crescente di studenti in tutto il mondo considera l’esperienza scolastica sempre meno fondamentale per la propria vita. Molti l'abbandonano. E molti l'abbandonano mentalmente, uscendo dalla scuola con scarse abilità e con una visione negativa di se stessi e della società in cui stanno per entrare".

    La scuola è diventato l’ambiente più conservatore. Invasa dai nuovi strumenti, relegati, come abbiamo detto, in stanze lontane dalle aule scolastiche, continua a lavorare secondo i programmi più tradizionali. Sembra non rendersi conto della rivoluzione in atto, più radicale probabilmente di quella dell’invenzione della stampa. Fuori della scuola, in ogni settore avvengono profonde trasformazioni, lo studente si troverà in ambienti di lavoro dominati dal computer, ma non tutti saranno preparati ai nuovi cambiamenti. Alvin Toffler scrive in proposito:

    Non penso si possano capire i cambiamenti di oggi senza rendersi conto della loro natura rivoluzionaria. Abbiamo compiuto una scelta cosciente in questo senso e diciamo che il nostro lavoro nasce da una premessa rivoluzionaria, che ciò che avviene oggi è in effetti un cambiamento di fase, una trasformazione fondamentale di qualche tipo. Diciamo che stiamo passando da una economia della forza bruta a un’economia della forza intellettuale, ed è chiaro che competenze e conoscenza stanno diventando la risorsa centrale per l’attività economica. Se avessi studiato economia mi avrebbero insegnato che i fattori della produzione sono la terra, il lavoro e il capitale. La “conoscenza” non compare in questo elenco. Oggi la conoscenza non solo deve essere inclusa nell’elenco, ma addirittura domina gli altri fattori. Avere la conoscenza giusta al posto giusto e al momento giusto significa meno fatica, meno energia, meno capitali, meno materie prime e meno tempo.

    Sempre Alvin Toffler ha indicato la nuova situazione come la Terza Ondata, dopo quella della caccia e dell’agricoltura prima e quella dell’industrializzazione poi. Una Terza Ondata nata con la cibernetica degli anni Sessanta e che ci trova impreparati: se quantifichiamo le tre ondate in cui Toffler ha diviso la storia dell’uomo, emerge lo squilibrio temporale di ciascuna di esse, la prima occupa il 99,8% della storia dell’uomo, la seconda lo 0, 19%, infine la terza, quella che stiamo vivendo, appena lo 0,01%.
    La didattica, ne siamo tutti consapevoli, deve cambiare e l’insegnante deve acquisire, con i suoi studenti, nuove competenze. Scrive Umberto Eco:

    “E’ necessaria una nuova competenza critica, si deve conoscere l’arte del saper selezionare le informazioni è necessario un nuovo tipo di didattica e di metodo educativo […] Sul web viaggiano una miriade di informazioni, può capitare però che l’eccesso di informazione generi disorientamento: se mando uno studente in biblioteca a fare una ricerca torna magari con tre libri, se clicca su Internet alla stessa voce ne trova 10.000. Le persone dovranno sviluppare una specie di fiuto, maturare la capacità di accorgersi del contenuto sin dalla copertina. Ma non è facile. C'è il rischio che una intera generazione, come minimo, sprechi il suo tempo. Questo è il vero problema della Rete e io non so proprio come risolverlo”.

    Ovviamente l’insegnante non è più l’unica fonte di sapere per gli studenti. Deve scendere alla cattedra e confrontarsi con loro alla ricerca di un nuovo tipo di conoscenza: gli studenti hanno bisogno della conoscenza che li possa aiutare ad ottenere più conoscenza. Seymour Papert afferma:

    “Io penso che la scuola si fondi sul modello di una linea di produzione in cui si mettono delle conoscenze nella testa delle persone. Si comincia con la prima fase e poi si passa alla seconda fase e si distribuisce un poco di conoscenza alla volta. Adesso i ragazzi non hanno più bisogno di acquisire nozioni in questo modo, e con la moderna tecnologia dell'informazione possono imparare molto di più facendo ricerca da soli, scoprendo da soli. Il ruolo dell'insegnante non è quello di fornire tutte le parti della conoscenza ma di fare da guida, di gestire le situazioni molto difficili, di stimolare il ragazzo, forse, di dare consigli”.

    Sono osservazioni ribadite anche da Umberto Eco:

    Gli uomini d'oggi non si attendono ma pretendono tutto dalla tecnologia e non distinguono tra tecnologia distruttiva e tecnologia produttiva. Il bambino che gioca a Star Wars col computer, usa il telefonino come un'appendice naturale delle trombe d'Eustachio o lancia i suoi chat via Internet vive nella tecnologia e non concepisce possa essere esistito un mondo diverso, un mondo senza computer e persino senza telefoni.

    Partendo dalle considerazioni fornite dalle commissioni ministeriali che cercano di interpretare le nuove esigenze, possiamo arrivare allo schema seguente che, pur con molti limiti, cerca di chiarire le prospettive di lavoro dell’insegnante..

    Le nuove tecnologie per :

    un ambiente di simulazione per ogni tipo di sistema naturale o artificiale
    motori di ricerca per ricuperare informazioni
    uno strumento per la manipolazione simbolica e la rappresentazione grafica di funzioni e l’uso di altri elementi matematici
    la raccolta e l’analisi di dati
    la videoscrittura
    un ambiente di lavoro per il problem solving
    dimostrazioni ed esposizioni interattive
    facilitare i lavori di gruppo
    uso del foglio elettronico
    banco di lavoro per opere musicali e artistiche in generale
    un ambiente per l’acquisizione dei principi della programmazione
    una enciclopedia ipertestuale interattiva
    uno strumento di comunicazione con insegnanti, genitori, rappresentanti della comunità, esperti e altri studenti sia a livello locale che a grande distanza.
    dal post del blog telecomunicazioni di mizap

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  2. Grazie Anonimo per il tuo commento-saggio! Grazie per i dati della ricerca IARD. Grazie, anche, per tutte le selezionate ed opportune citazioni che fai. Ne nasce un quadro assi utile per guidare la nostra azione didattica, con e senza le tecnologie

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  3. Chi abbia postato l'articolo non lo so, ma lo scritto è di Federico Peiretti ed è pubblicato qui

    http://www2.polito.it/didattica/
    polymath/ICT/Htmls/Interventi/
    Articoli/Italia/DirittoApprendimento/
    DirittoApprendimento.htm

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